|
| Una ragazza. Una ragazza sola vestita di un bianchissimo abito lungo fino alle ginocchia. La gonna balzava e sembrava voler volare via da un momento all'altro, il vento le accarezzava i lunghi capelli neri e liscissimi trapassandoli come la tristezza aveva trapassato il suo cuore.
Sotto di lei si stagliava la città che a quell'ora giaceva immobile e silenziosa, come se stesse pagando un tributo a quella limpidissima notte di luna piena.
Neanche la ragazza produceva alcun rumore, camminava scalza e lenta sul ciglio dell'altissimo muretto che divideva quella 'terrazza' naturale dal precipizio che portava alla cittadina, giù di qualche chilometro. Aveva pianto per giorni e solo quel bellissimo spettacolo davanti a lei era riuscito a strapparle un sorriso.
Osservava con rispetto e attenzione il ballare di rami e foglie, il chiarore della luna sui salici e le poche nuvole che si rincorrevano nel cielo. Ascoltava ad occhi chiusi e sorridendo il fruscio dell'erba e fiori, il ronzio di qualche sperduto insetto e il richiamo di qualche gufo in lontananza.
Si..ora ne era certa. La sua vita non era stata vuota come aveva pensato fino a quel momento perchè anche solo uno spettacolo del genere le stava riempiendo il cuore di felicità di una strana consapevolezza; quella che spesso ci cattura quando vediamo un bambino sorridere,un cane farci la festa, un gatto farci le fusa, due innamorati che si tengono per mano. Tutte scene semplici, ma che ci fanno stare bene anche solo per un minuto, proviamo la forte e sicura consapevolezza di essere lì, vivi, che la vita può essere bella anche nella sua sola semplicità e che niente e nessuno potrà rubarci quelle piccole schegge di gioia di cui il nostro cuore ormai si è fatto padrone e proprietario.
Tacito accordo tra lei e la luna: la guardò con gli occhi lucidi e vivi, sorridendole. Perchè cercare altro, quando aveva già avuto tutto? Da lì a qualche giorno le sarebbe stato impossibile camminare, saltare, perfino ridere e parlare. La malattia non le avrebbe dato scampo. Già ora il suo corpo ne portava dei segni. Stava morendo e con lei sarebbero morte anche tutte quelle belle sensazioni. No...loro sarebbero morte prima perchè senza più la capacità di pensare e ragionare anche il tentativo di aggrapparsi a ricordi come questo sarebbe stato vano. Prese a camminare un pò affaticata sul bordo del muretto, portando le braccia fuori per restare in equilibrio proprio come quando era solo una bambina e spesso non capiva quanto fosse fortunata. Il periodo migliore della sua vita.
"Ops.." un cedimento del ginocchio...per poco non perse l'equilibrio. Scoppiò a ridere, non le importava di cadere e morire. Morire.. Che brutta parola, non credeva nè al paradiso nè all'inferno ma credeva nella reincarnazione, almeno negli ultimi mesi. "Quando abbandonerò questa vita...vorrei...essere una libellula..." disse...Read the whole post... |
|